La domanda di mediazione dev’essere simmetrica a quella giudiziale

di Avv. Luigi Viola

Cosa può succedere quando viene presentata in fase di mediazione obbligatoria una domanda diversa da quella successivamente presentata in fase processuale con citazione o ricorso?

1. Il problema 2. Necessaria simmetria 3. Personae 4. Causa petendi 5.Petitum 6. Quantum di modifica

1. Il problema

La domanda di mediazione deve contenere i requisiti indicati all’art. 4 del d.lgs.28/2010, ossia organismo, parti, oggetto, ragioni della domanda. Il contenuto del suddetto articolo è praticamente equivalente a quello dell’art. 125 c.p.c.,circa il contenuto degli atti processuali, fatta la sola eccezione per gli “elementi di diritto”.

Ebbene: la domanda di mediazione deve essere necessariamente presentata nei casi di materie tipizzate, ma cosa può succedere quando viene presentata in fase di mediazione obbligatoria una domanda diversa da quella successivamente presentata in fase processuale con citazione o ricorso (o ricorso in citazione, ex art. 702bis c.p.c.)?

La domanda è ciononostante procedibile, oppure in prima udienza dovrà essere rilevato il difetto di procedibilità perché la domanda è nuova rispetto a quella presentata in fase di mediazione?

Esemplificativamente: Tizio presenta istanza di mediazione contro Caio, chiedendo il risarcimento danni pari ad euro 10.000,oo per immissioni rumorose; ammettiamo che le immissioni siano superiori rispetto a quelle previste nel regolamento condominiale, così versando in materia condominiale obbligatoria; la mediazione non ha esito positivo, e si redige un verbale negativo; Tizio agisce, allora, in via processuale contro il condomino Caio chiedendo sempre il risarcimento danni, ma derivanti dalla rottura della porta della propria abitazione condominiale; il giudice dovrà ritenere già esperito il tentativo di mediazione, oppure dovrà sollevare l’improcedibilità perché il fatto (causa petendi) è diverso?

2. Necessaria simmetria

A rigore, vi deve essere una simmetria tra fatti narrati in sede di mediazione e fatti esposti in sede processuale, almeno per i fatti principali; diversamente dovrebbe essere dichiarata l’improcedibilità.

Se, cioè, la domanda giudiziale è radicalmente diversa da quella di mediazione, allora si tratterà di domanda nuova che non è passata dal filtro della mediazione obbligatoria dell’art. 5 del d.lgs. 28/2010, così da imporre la dichiarazione di improcedibilità. La domanda di mediazione dovrebbe essere identificata dagli elementi delle parti, oggetto e ragioni, corrispondenti in sede processuale alle personae, petitum e causa petendi dell’art. 125 c.p.c.: vi deve essere simmetria tra queste domande; l’asimmetria, in senso innovativo-ampliativo, comporterà la pronuncia di improcedibilità.

3. Personae

Le personae coinvolte nella mediazione devono essere le stesse di quelle chiamate in sede processuale, sul piano del litisconcorzio necessario, oppure possono essere diverse? Nessuna norma del decreto 28 prende posizione espressamente sul punto. Va detto, tuttavia, che la mediazione è essenzialmente deformalizzata e non sussistono obblighi circa la direzione della chiamata.

A rigore però il previo esperimento del tentativo di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale, ex art. 5, d.lgs. 28/2010: la domanda può andare avanti se è stato esperito il tentativo di mediazione verso i soggetti coinvolti nel processo; il litisconsorte necessario deve essere chiamato nella fase di mediazione, altrimenti in sede processuale la domanda non sarà procedibile verso di lui.

Di massima, la giurisprudenza che si è occupata del problema – riferito, però, alle controversie agrarie – si muove nello stesso senso. D’altronde, anche un eventuale verbale positivo non può spiegare effetto verso il litisconsorte pretermesso, ex art. 1372 c.c. applicabile perchè emerge un negozio di accertamento. Molti Organismi, nell’ambito del loro regolamento, hanno previsto che il mediatore possa eccepire l’insufficiente legittimazione passiva o attiva, assegnando tempi per integrare.

4. Causa petendi

La causa petendi fatta valere in sede di mediazione, deve pure essere simmetrica a quella successiva presentata in sede processuale; si ritiene, precisamente, che i fatti principali costitutivi della pretesa sul piano del an debbano essere gli stessi.

Difatti, l’art. 4 del decreto 28 pretende l’indicazione delle “ragioni della pretesa”, con ciò potendo solo intendere – in un procedimento deformalizzato e senza tecnici (magistrati ed avvocati) – come fatti: la ragione della pretesa è quella della verificazione di un fatto latamente ingiusto, che è un fatto ovvero un accadimento. Non è necessario inquadrare giuridicamente il fatto perché l’istanza di mediazione non richiede anche l’indicazione di “elementi di diritto”, come invece avviene per la citazione, ex art. 163 c.p.c., e ricorso, ex art. 414 c.p.c. (ovvero per gli atti in generale, ex art. 125 c.p.c.). Gli accadimenti narrati in fase di mediazione, però, devono essere simmetrici a quelli esposti in fase processuale, per le materie obbligatorie: altrimenti, la domanda sarà improcedibile perché nuova (e quindi diversa) rispetto a quella passata dal filtro della mediazione. Ovviamente, questo non vuol dire che l’istanza deve tradursi in un equivalente atto giudiziario, perché non è richiesta la presenza di elementi di diritto; tuttavia, gli elementi fattuali costitutivi devono essere i medesimi.

Esemplificativamente: Tizio in sede di mediazione afferma di essere stato investito da Caio; successivamente, in fase processuale, il medesimo Tizio afferma che Caio passava con il semaforo rosso ad alta velocità e che c’erano diversi testimoni e che il fatto non si è verificato alle ore 13.00, ma alle 13.30; ebbene – in questo caso – vi è simmetria sui fatti principali e, dunque, procedibilità della domanda. La giurisprudenza è dello stesso avviso, almeno quella che si è occupata delle controversie agrarie dove è previsto un tentativo obbligatorio di conciliazione come condizione di procedibilità: il tentativo di conciliazione di cui all’art. 46 della L. 3 maggio 1982, n. 203, deve essere esperito, a pena di improponibilità della azione giudiziaria, prima della proposizione, in giudizio, di una domanda, relativa a una controversia in materia di contratti agrari, non prima della proposizione di ciascun processo o giudizio avente ad oggetto quella domanda. Ne segue, pertanto, che esperito il tentativo di conciliazione in ordine ad una certa domanda e proposta questa in giudizio, ove la parte, senza alcuna modificazione rilevante quanto agli elementi costitutivi (soggetti, “petitum”, “causa petendi”), riproponga quella stessa pretesa innanzi ad altro – o allo stesso – giudice questo nuovo processo non deve essere preceduto da un nuovo tentativo di conciliazione.

5. Petitum

A rigore anche il petitum, ovvero l’oggetto della pretesa (quello che si vuole) deve essere simmetrico – in fase di mediazione – rispetto a quello processuale. Si ritiene, in questa sede, tuttavia di dover fare un distinguo tra petitum mediato ed immediato: solo il primo dovrebbe essere simmetrico, ma non anche il secondo. Infatti, il petitum mediato, consistendo nel bene finale della vita che si vuol ottenere tramite lo strumento processuale deve essere simmetrico perché caratterizzante proprio sia la domanda di mediazione che quella giudiziale; è quello che davvero si vuole. Il petitum immediato, diversamente, consistendo nella richiesta formale può anche non essere simmetrico perché in fase di mediazione, proprio al fine di avere concrete possibilità/probabilità di addivenire a conciliazione (verbale positivo), la parte istante può formalmente chiedere meno di quanto farebbe in sede processuale; id est: è la stessa natura della mediazione a suggerire ed indurre la parte istanza a chiedere formalmente qualcosa in meno di quanto verrebbe chiesto in sede processuale. Pertanto, seppur in fase di mediazione viene chiesto di meno o cose diverse, rispetto alla domanda giudiziale, ciò non permette di affermare l’improcedibilità in prima udienza; è fisiologico, in altri termini, che nella fase della mediazione – anche in via di istanza – si possa formalmente chiedere qualcosa di diverso o minore rispetto al petitum immediato processuale. Diversamente opinando, verrebbe del tutto vulnerata la ratio sottesa alla mediazione, rendendola nei fatti un duplicato processuale.

6. Quantum di modifica

E’ sicuramente non pacifico il limite entro cui quanto detto in fase di mediazione può essere modificato; si ritiene di aderire, però, alla ricostruzione della domanda nuova nel senso processuale puro: la modifica deve incidere sugli elementi essenziali (personae,petitum, causa petendi) a tal punto che in un eventuale giudizio sarebbe necessario un ampliamento della piattaforma probatoria.

fonte: altalex

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